Da una ricerca multinazionale pubblicata su Conservation Letters è emersa la possibilità che tra le pochissime specie di squalo pericolose per l’uomo, alcuni individui possano essere “problematici” e attaccare ripetutamente gli umani. Le prove presentate nell’articolo pubblicato potrebbero costituire non solo la prima evidenza accertata del fatto che alcuni squali possono attaccare gli umani per cercare cibo (e non per incidente o per altre ragioni, come finora dimostrato), ma anche che diversi attacchi – alcuni dei quali fatali – potrebbero essere collegati a singoli “individui problematici”.
I risultati della ricerca
Gli autori della ricerca hanno effettuato una vera e propria investigazione forense su tre particolari gruppi di attacchi, due dei quali attribuiti a squali tigre (Galeocerdo cuvier) e il terzo a uno squalo longimano (Carcharhinus longimanus).
Lo studio è partito dalla necessità di comprendere meglio i rarissimi attacchi di squali a umani (su tutto il pianeta se ne sono registrati otto all’anno tra il 2010 e 2020), principalmente perché in genere la tipica risposta umana a tali attacchi è una decimazione della popolazione di squali nell’area.
Queste decimazioni non portano alcun beneficio, come dimostrato dall’esperienza e dalla letteratura scientifica, ma causano ulteriori gravissimi problemi agli ecosistemi oceanici e costieri, di cui gli squali sono componenti essenziali. Pertanto, comprendere meglio i meccanismi che innescano comportamenti “ostili” da parte degli squali diventa sempre più importante, non solo per tentare di prevenire i danni alle persone, ma anche per poter proteggere in maniera sempre più efficace i pesci cartilaginei, che versano in gravissime condizioni in tutti i mari e oceani del pianeta, principalmente a causa dell’azione umana.
Lagertha e altri pesci
Dei tre casi esaminati, uno è stato analizzato con lo studio del DNA ricavato dal muco che l’animale lascia sui bordi del morso (come accade per qualsiasi altra situazione simile). Gli altri due sono stati studiati grazie ai testimoni, a foto e video. Tra questi ultimi è stata identificata la femmina di uno squalo tigre, battezzata Lagertha, che si è resa protagonista di diversi attacchi a umani; Lagertha è facilmente identificabile da una serie di caratteri, e mostra segni di cattiva salute. I suoi attacchi sono, in almeno due casi, provocati dalla necessità di trovare cibo.
Anche il terzo caso, stavolta causato da un longimano, vede diversi attacchi agli umani portati dallo stesso esemplare, facilmente identificabile da video e foto. Simili approcci potrebbero essere usati anche per gruppi di attacchi avvenuti in passato e per quelli futuri, anche per quanto riguarda gli altri due squali considerati pericolosi, il bianco (Carcharodon carcharias) e il leuca (Carcharhinus leucas).
Squali problematici?
Se una volta si parlava di squali “rogue”, cioè che “mostrano un carattere aberrante, sbagliato o imprevedibile”, questo termine sta andando in disuso anche perché implica un’umanizzazione del carattere degli animali. Oggi si tende a parlare, per gli animali terrestri, di esemplari “problematici”, un termine che viene usato per organismi acquatici per la prima volta nella ricerca pubblicata su Conservation Letters.
Al di là della terminologia, comunque, affrontare il problema degli attacchi in modo investigativo porterà indubbi benefìci alla conservazione degli squali che, ricordiamo, sono in serio pericolo ovunque. Ancora una volta, uccidere – un comportamento tipicamente umano – non risolve niente, mentre organizzare una risposta basandosi sulla scienza e sulla conoscenza eviterà problemi per tutte le specie coinvolte, inclusi noi stessi.
Immagine di copertina: © Wikimedia Commons
