Il cosiddetto biota di Ediacara (571 – 541 milioni di anni fa) è tutt’oggi oggetto di accese discussioni tra gli specialisti. Questo insieme di faune, distribuito su tutto il pianeta e risalente a poco prima del Cambriano, è costituito da alcuni organismi chiaramente di origine animale, come Kimberella, ma la maggior parte dei fossili è di difficile attribuzione, a causa delle peculiari caratteristiche riscontrate: per esempio, molti organismi sembrano avere quella che viene definita slittosimmetria, in cui un lato dell’animale sembra essere “scivolato” in avanti rispetto all’altro; altri sembrano frattali viventi, e altri ancora quasi dei “materassini”.
Il cosiddetto biota di Ediacara (571 – 541 milioni di anni fa) è tutt’oggi oggetto di accese discussioni tra gli specialisti. Questo insieme di faune, distribuito su tutto il pianeta e risalente a poco prima del Cambriano, è costituito da alcuni organismi chiaramente di origine animale, come Kimberella, ma la maggior parte dei fossili è di difficile attribuzione, a causa delle peculiari caratteristiche riscontrate: per esempio, molti organismi sembrano avere quella che viene definita slittosimmetria, in cui un lato dell’animale sembra essere “scivolato” in avanti rispetto all’altro; altri sembrano frattali viventi, e altri ancora quasi dei “materassini”. Queste incredibili forme sono state studiate sin dalla loro scoperta e le ipotesi fatte in alcuni casi rasentano l’impossibile, come l’idea utopica che Ediacara fosse un mondo privo di predatori (il cosidetto “Garden of Ediacara”), o che questi fossili rappresentino in realtà licheni giganteschi (ipotesi improbabile ma che ha i suoi sostenitori). Tuttavia negli ultimi anni la ricerca sulle prime faune della Terra ha avuto nuovi impulsi, grazie anche alle possibili applicazioni in esobiologia, e alcuni organismi sono stati individuati tramite le nuove tecnologie ora a disposizione dei paleontologi, tra cui la possibilità di identificare le “impronte” chimiche di composti organici. Proprio da una di queste indagini sono stati ricavati nuovi dati che hanno confermato l’attribuzione al regno animale di uno dei fossili più rappresentativi del biota ediacarano: Dickinsonia.
Il materassino assassino
Dickinsonia è un organismo strano, una specie di materassino trapuntato, forse capace di modificare in parte la sua forma, e quasi certamente in grado di muoversi. I fossili di questo organismo, trovati in numerosi giacimenti, sono stati interpretati in modi sempre diversi, ma il consenso generale degli ultimi anni ha preferito dare a Dickinsonia una natura animale: sembra che questi strani esseri, alcuni dei quali lunghi anche un metro e mezzo, fossero in grado di spostarsi, e dovevano essere feroci predatori di cianobatteri di cui si nutrivano “bevendone” le cellule dai tappeti di alghe su cui si spostavano. Quello appena descritto è un sistema chiamato pinocitosi, il quale viene usato, per esempio, da piccolissimi animali attuali chiamati placozoi. Come però spesso accade in paleontologia, non tutti gli specialisti concordano nell’interpretare una traccia invece che un’altra, e quindi anche se la maggior parte degli studiosi si dice d’accordo sul fatto che Dickinsonia fosse uno dei primi animali, le voci discordanti non mancano. Questo, almeno, fino alla scoperta pubblicata circa un mese fa su Science.
Dimmi che grasso hai e ti dirò chi sei
Gli animali si differenziano dagli altri regni anche in base al tipo di grassi prodotti dal loro organismo e le molecole organiche dei grassi lasciano impronte che possono essere lette persino a distanza di milioni di anni.
Materia organica isolata dal fossile di Dickinsonia Credits: Ilya Bobrovskiy/Australian National University
Così un team di studiosi australiani, russi e tedeschi ha studiato le impronte dei grassi di Dickinsonia, riuscendo a dimostrare che questi organismi producevano molecole animali, e non quelle invece tipiche di funghi, licheni o protozoi. Il nostro materassino è quindi il primo animale di cui si abbia traccia fossile, precedendo di un solo milione di anni la quasi contemporanea Kimberella. Insomma, grazie al grasso è possibile capire se un organismo è un animale o un fungo e questo ambito di ricerca delle impronte biochimiche sarà certamente in grado di svelare altri misteri paleontologici, aiutandoci non solo a capire meglio la storia della vita sul nostro (per ora) unico pianeta, ma anche a escogitare sistemi per identificare la vita aliena. Non male per una goccia di grasso!
Immagine di copertina: fossile di Dickinsonia, con parte organica conservata, proveniente dall’area del Mar Bianco, in Russia. Credits: Ilya Bobrovskiy/Australian National University
