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28 Mag 2019

Gli esseri umani, come gli uccelli, potrebbero “sentire” i campi magnetici terrestri

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È sorprendente pensare ai lunghissimi viaggi affrontati dagli uccelli migratori. Una delle curiosità più ricorrenti riguarda il modo in cui si orientano per giungere a destinazione. Come faranno questi instancabili volatili a percorrere chilometri e chilometri, riuscendo a capire dove andare per arrivare presso la meta prefissata. Tra i trucchi di questi animali c’è la magnetoricezione, la capacità di percepire il campo magnetico terrestre per orientarsi. Nel corso di anni di ricerca si è scoperto che questa abilità appartiene anche ad altri esseri viventi. E l’uomo? Da decenni si cerca di comprendere se anche noi essere umani possediamo questa sorta di bussola interna. Un recente studio, pubblicato su eNeuro, potrebbe aver tracciato la giusta strada per confermare questa ipotesi.

È sorprendente pensare ai lunghissimi viaggi affrontati dagli uccelli migratori. Una delle curiosità più ricorrenti riguarda il modo in cui si orientano per giungere a destinazione. Come faranno questi instancabili volatili a percorrere chilometri e chilometri, riuscendo a capire dove andare per arrivare presso la meta prefissata. Tra i trucchi di questi animali c’è la magnetoricezione, la capacità di percepire il campo magnetico terrestre per orientarsi. Nel corso di anni di ricerca si è scoperto che questa abilità appartiene anche ad altri esseri viventi. E l’uomo? Da decenni si cerca di comprendere se anche noi essere umani possediamo questa sorta di bussola interna. Un recente studio, pubblicato su eNeuro, potrebbe aver tracciato la giusta strada per confermare questa ipotesi.

 

Campo magnetico terrestre e magnetoricezione

 

Cos’è il campo magnetico terrestre? Un campo magnetico è una regione che viene influenzata dalla forza che proviene da un magnete. Tale forza cresce avvicinandosi al magnete e quest’ultimo può attrarre o respingere un altro magnete e muovere particelle cariche. Il campo magnetico terrestre è rappresentabile come il campo generato da un’immaginaria barra magnetica posta al suo interno ed è un dipolo, ossia ha un polo nord e un polo sud magnetico. L’orientazione del dipolo magnetico è rappresentata come una freccia che punta dal polo sud verso il polo nord e il campo magnetico è un insieme di linee invisibili che si incurvano nello spazio intorno al magnete. In generale, aghi magnetici, come la limatura di ferro o l’ago di una bussola, se posti all’interno di un campo magnetico, si allineano con le linee di campo. Agiscono nella stessa maniera alcune sostanze di origine biologica che sono coinvolte proprio in quella che è definita magnetoricezione. Numerosi studi hanno confermato che in molti organismi viventi sono presenti di piccolissimi cristalli di magnetite, un ossido di ferro, (Fe3O4), in grado di orientarsi in base al campo magnetico, proprio come fa l’ago di una bussola.

 

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Magnetoricezione negli animali

 

Abbiamo accennato al senso dell’orientamento degli uccelli ma la magnetoricezione è stata studiata in numerose specie animali: api, salmoni, tartarughe, balene e pipistrelli usano il campo geomagnetico per orientarsi e i cani possono persino essere allenati per trovare magneti seppelliti. Tra i volatili più studiati ci sono i piccioni (Columba livia domestica). Viaggiatori provetti, come la storia ha testimoniato sino a poco tempo fa (erano impiegati per l’invio di messaggi durante la Seconda Guerra Mondiale), pare adottino uno strategia definita “mappa-e-bussola”, come spiega la giornalista scientifica Jennifer Ackerman nel suo ultimo libro, “Il genio degli uccelli”. Prima di tutto comprendono dove si trovano al momento della partenza e decidono quale strada percorrere per giungere a destinazione (la mappa), successivamente usano punti di riferimento e altri indizi per mantenere la rotta (la bussola). Questo sistema coinvolge vari tipi di fonti di informazione, tra cui la posizione del sole, delle stelle, i tratti del paesaggio, le condizioni atmosferiche e il geomagnetismo. William Keeton della Cornell University, insieme a Roswitha e Wolfgang Wiltschko, quarant’anni fa dimostrò che, in mancanza di altre indicazioni, i piccioni si affidavano al magnetismo terrestre.
Considerando la presenza di questi meccanismi in molti animali, gli scienziati si sono chiesti se anche gli uomini avessero sviluppato questa abilità, magari integrata in una più complessa strategia di navigazione e orientamento, proprio come quella degli uccelli.

 

Studi passati sugli esseri umani

 

Riuscire a trovare tracce di magnetoricezione negli esseri umani non è mai stato un compito semplice. I primi studi risalgono agli anni Ottanta: il biologo Robin Baker, dell’Università di Manchester, pubblicò i risultati di esperimenti che sembravano confermare un sesto senso magnetico negli uomini. Lo studio realizzato da Baker dimostrava che i partecipanti coinvolti volontariamente, posti in condizioni di privazione sensoriale e appositamente disorientati, riuscivano senza alcun tipo di altra indicazione a ritrovare l’orientamento. Erano stati aiutati dal loro senso magnetico? La discussione riguardante questo tema nella comunità scientifica – che coinvolse anche studiosi di fenomeni paranormali – divenne molto acceso e, dopo tentativi di replica degli esperimenti e dei suoi risultati da parte di ricercatori di altre università, la teoria secondo cui anche gli esseri umani sono dotati di magnetoricezione si indebolì significativamente.

 

Un meccanismo biologico plasmato dalla selezione naturale

 

Il lavoro da poco pubblicato su eNeuro dal geoscienziato Joseph Kirschvink, già coinvolto in passato nella ricerca riguardante la magnetoricezione umana, il neuroscienziato del Caltech, Shin Shimojo, e il neuroingegnere Ayu Matani dell’Università di Tokyo, contiene le prime prove scientifiche che le onde cerebrali umane rispondono a cambiamenti controllati della forza del campo magnetico terrestre.
Per determinare se gli uomini riescono a sentire i campi magnetici, gli scienziati hanno costruito una camera buia e silenziosa in cui i partecipanti venivano fatti sostare, seduti, per un’ora. Nella stanza, isolata e schermata per le radiofrequenze, sono stati osservati gli elettroencefalogrammi (registrazioni dell’attività elettrica dell’encefalo tramite elettrodi esterni) di 36 volontari mentre il campo magnetico veniva modificato. Cosa è stato rilevato durante questi esperimenti? Effettivamente ci sono state modificazioni nelle onde cerebrali le quali hanno seguito le alterazioni del campo magnetico. Nello specifico, gli studiosi hanno tracciato il ritmo delle onde alfa, caratterizzate da una frequenza compresa tra gli 8 e i 13 Hertz: queste onde danno una misura della condizione del nostro cervello, dicendoci se è impegnato o a riposo. Quando il cervello di un essere umano è impegnato, ad esempio coglie uno stimolo percettivo, in maniera conscia o inconscia, l’onda alfa mostra un’ampiezza diminuita. In questo caso, in alcuni volontari, le onde alfa sono precipitate al di sotto del livello di base subito dopo la stimolazione magnetica, diminuendo del 60% in diverse centinaia di millisecondi, e poi sono tornate allo stato precedente pochi secondi dopo lo stimolo. Inoltre il test effettuato ha mostrato che il cervello sembra elaborare le informazioni magnetiche solo se compatibili con quello che succede in natura e rigetta segnali marcatamente artificiali: questi dati potrebbero indicare che la magnetoricezione degli uomini sia il risultato di un meccanismo biologico plasmato dalla selezione naturale.

 

Nuovi quesiti a cui dare risposte

 

Alcune delle informazioni raccolte aprono la via ad altri quesiti, le cui risposte saranno utili per rafforzare la teoria sulla presenza di magnetoricezione negli esseri umani.
Come abbiamo accennato, i cervelli dei partecipanti hanno risposto alla stimolazione magnetica solo quando la componente verticale del campo era direzionata verso il basso di circa 60°, come accade secondo il fenomeno naturale a Pasadena, in California, zona di provenienza dei volontari. Nessuno di loro ha, invece, mostrato risposta a direzioni non naturali (verso l’alto per l’emisfero di appartenenza) del campo magnetico.
Inoltre, non sono state percepite rotazioni del campo magnetico in senso orario: per questo gli scienziati non hanno ancora una vera e propria risposta e credono che il sentire o meno la rotazione antioraria o oraria sia qualcosa di casuale nelle persone, come l’essere destrimani o mancini.
Ma noi uomini come raccogliamo e usiamo questa informazione magnetica? Anche per questa domanda esistono molte ipotesi a riguardo, come la presenza di magnetite in alcune cellule o l’uso di particolari molecole presenti nella retina, i criptocromi, attivate da lunghezze d’onda della luce. I segnali magnetici sembrano influenzare le reazioni chimiche che coinvolgono queste molecole, accelerandole o rallentandole, a seconda della direzione del campo magnetico.
Per avere conferme e poter finalmente affermare che anche noi sentiamo, anche se inconsciamente, i campi magnetici e magari, nel passato, li abbiamo utilizzati per orientarci e viaggiare, ci sarà bisogno di ripetere gli esperimenti modificandone le condizioni e studiare in maniera più approfondita i futuri risultati.

 

Se non siete stanchi di viaggiare tra le straordinarie abilità del nostro cervello, vi consigliamo di acquistare e leggere “Il mistero dei neuroni ‘immaturi'” di Luca Bonfanti e Chiara La Rosa, pubblicato nel numero di agosto 2018 di Sapere.

 

Credits immagine: foto di Katharina2013 da Pixabay

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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