Anche nel Cinquecento esistevano gli inviti a presentare proposte di progetti per grandi infrastrutture. Il sultano Bayezid II dell’Impero ottomano indisse uno di questi “concorsi” per il progetto di un lungo ponte che potesse unire Istanbul con la vicina città di Galata. Tra gli architetti e gli inventori rispose alla chiamata anche Leonardo da Vinci, già rinomato protagonista della scena artistica e culturale del Rinascimento. I suoi piani erano stati riportati in una lettera, che conteneva anche uno dei suoi celebri schizzi, inviata al sultano stesso. Leonardo non si aggiudicò il lavoro ma oggi gli scienziati del MIT- Massachusetts Institute of Technology hanno voluto testare la fattibilità di quello che sarebbe stato il ponte più lungo dei suoi tempi.
Anche nel Cinquecento esistevano gli inviti a presentare proposte di progetti per grandi infrastrutture. Il sultano Bayezid II dell’Impero ottomano indisse uno di questi “concorsi” per il progetto di un lungo ponte che potesse unire Istanbul con la vicina città di Galata. Tra gli architetti e gli inventori rispose alla chiamata anche Leonardo da Vinci, già rinomato protagonista della scena artistica e culturale del Rinascimento. I suoi piani erano stati riportati in una lettera, che conteneva anche uno dei suoi celebri schizzi, inviata al sultano stesso. Leonardo non si aggiudicò il lavoro ma oggi gli scienziati del MIT- Massachusetts Institute of Technology hanno voluto testare la fattibilità di quello che sarebbe stato il ponte più lungo dei suoi tempi.
Il progetto di Leonardo per il sultano
I ricercatori del MIT hanno analizzato tutti i documenti disponibili, hanno valutato i possibili materiali e metodi di costruzione dell’epoca e le condizioni geologiche del luogo in cui il ponte sarebbe stato eretto, l’estuario del Corno d’Oro. Il progetto di Leonardo era molto diverso dall’usuale approccio a questi problemi ingegneristico-architettonici: in quel periodo storico i ponti in pietra erano degli archi semicircolari e per lunghezze notevoli richiedevano la presenza di 10 o più pilastri a fare da sostegno. Naturalmente da Vinci pensò a un’alternativa innovativa, un arco appiattito alto abbastanza per farvi passare al di sotto un’imbarcazione con albero in posizione. Il ponte sarebbe stato lungo circa 280 metri – riportando le misure di allora al sistema metrico decimale di oggi -, avrebbe avuto dei rinfianchi strombati su entrambi i lati per stabilizzare la struttura e impedire i movimenti laterali, la causa di molti crolli di ponti nel corso dei secoli. Un’idea ambiziosa per la realizzazione di un primato: il ponte più lungo dell’epoca.
Il modello in scala costruito dal MIT
Dopo aver esaminato la documentazione, gli studiosi hanno costruito un modello in scala per testare la capacità della struttura di stare in piedi, reggere il peso e persino di sopportare l’assestamento delle fondamenta. Per quanto riguarda i materiali, non essendoci indicazioni chiare negli appunti di Leonardo, si è dovuto ipotizzare che il ponte sarebbe stato costruito in pietra, e non in legno o mattoni, i quali non avrebbero retto i carichi a cui sarebbero stati sottoposti. Inoltre non sarebbe stata usata nessuna malta o legante, proprio come si faceva per gli archi romani, in piedi solo grazie alla distribuzione calcolata della forza di gravità. Infatti, ai tempi l’arco veniva eretto per mezzo di una centina, una base d’appoggio in legno, che veniva smontata una volta inserito il concio di chiave, la chiave di volta.
Il modello in scala 1:500 è stato innalzato con 126 blocchi realizzati mediante una stampante 3D.
Il ponte avrebbe funzionato?
E così gli scienziati si sono ritrovati a posizionare la chiave di volta, il momento cruciale per iniziare a capire se il ponte sarebbe rimasto in piedi. Karly Bast, studentessa di ingegneria strutturale coinvolta nello studio, ha raccontato: “Quando l’abbiamo inserito [il concio di chiave], lo abbiamo dovuto incastrare. È stato un momento critico quando abbiamo messo insieme il ponte. Avevo molti dubbi ma quando ho posizionato la chiave di volta ho pensato ‘funzionerà’. E dopo questo abbiamo tolto la struttura di sostegno e il ponte è rimasto in piedi. È il potere della geometria che lo ha fatto funzionare”. I ricercatori si sono, inoltre, domandati se il progetto di Leonardo fosse il frutto di un pensiero messo su carta in poco tempo o qualcosa di più ragionato. Dalle prove presenti, appare un lavoro attento e ponderato: Leonardo conosceva bene il mondo fisico, sembra addirittura che fosse consapevole che il sito fosse soggetto a terremoti e che quindi avesse previsto caratteristiche quali fondamenta estese per conferire ulteriore stabilità.
Per testare il ponte, Bast e colleghi lo hanno eretto su due piattaforme mobili e le hanno spostate per simulare il movimento delle fondamenta derivanti da un suolo debole. Il ponte ha mostrato resistenza ai movimenti orizzontali, deformandosi solo leggermente fino a essere allungato al punto di completo collasso.
Aver provato la fattibilità del progetto di Leonardo ha mostrato non solo le grandi abilità di questo genio del Rinascimento ma anche che non è necessario possedere grandi tecnologie per elaborare le idee migliori.
Desiderate conoscere qualcosa in più su Leonardo da Vinci? Acquistate e leggete l’articolo di Luigi Borzacchini, “La scienza di Leonardo”, pubblicato nel numero di febbraio 2019 di Sapere.
Credits immagine: Gretchen Ertl/MIT