A pochi giorni dall’inizio della fase tre, risuonano in maniera ridondante termini come ripresa, ritorno e ripartenza. Ci chiedono di ricominciare, con prudenza ma senza aver paura. “Fosse facile!” la risposta che sento in questi giorni dai pazienti.
Dopo quasi tre mesi di reclusione domestica, dove abbiamo dovuto confrontarci quotidianamente con un nemico invisibile, che ha lasciato segni indelebili, è arrivato il momento di mettere da parte l’ansia (fisiologica) e voltare pagina.
La vita di ciascuno di noi è stata messa alla prova, abbiamo dovuto utilizzare strategie personali per fronteggiare vissuti di solitudine, rabbia, tristezza e noia e, lentamente, ci siamo adattati a questo delicato momento.
Abbiamo riorganizzato, in alcuni casi con difficoltà, la nostra vita lavorativa, familiare e scolastica ma abbiamo anche riscoperto l’abitare la propria casa, condividere gli spazi comuni o, in altri casi, accettare la solitudine. E adesso?
La scuola è giunta faticosamente (come molti genitori sostengono) a termine, per molti il lavoro agile termina ma dobbiamo ancora, «rimanere distanti oggi per abbracciarci domani» come spiega il premier Giuseppe Conte. La minaccia Covid-19 non è del tutto scomparsa, così come la nostra preoccupazione verso il mondo esterno. Tutto ciò che credavamo normale e automatico come fare la spesa, cenare fuori con amici, andare al mare, organizzare un viaggio, richiede ancora oggi tante restrizioni e regole da rispettare. Ricominciare è meno semplice del previsto. Ci è richiesto adattamento e tanta pazienza!
Se da un lato i nostri bisogni sono orientati a ritrovare la tanto agognata normalità, dall’altro canto siamo frenati dal timore che tutto possa ripresentarsi. Oscilliamo tra comportamenti rigidi e compulsivi, che seguono scrupolosamente le regole del distanziamento, delle protezioni individuali e delle norme igienico-sanitarie, a comportamenti più permissivi, arrendendoci di fatto all’ottimismo.
Alcuni di noi preferiscono procrastinare e ancorarsi alla fase due della pandemia. Questo accade perché ci siamo adattati alle nuove regole e cambiarle nuovamente richiede sforzo e produce nuovamente vissuti di timore e ansia. Ci sentiamo rassicurati e protetti come in una comfort zone dalla quale è difficile sradicarsi. Non possiamo fare altro che riorganizzare noi stessi, e le vite dei nostri figli, vivendo e accettando l’ansia e tutto ciò che ne deriva. Possiamo imparare a gestire le nostre paure e quelle dei bambini, incrementando la nostra auto-riflessività e se non dovesse bastare, impariamo a concederci di chiedere aiuto.
E allora, come ci insegna Russ Harris, non intrappoliamoci nella ricerca della felicità. Proviamo a smettere di tormentarci e torniamo a vivere. Buon viaggio!