Sapere Scienza

Sapere Scienza

In medicina la raccolta di un gran numero di dati provenienti da una popolazione estesa di pazienti è considerata, ormai da molto tempo, l'approccio giusto per giungere alla comprensione dello sviluppo di malattie e alla progettazione delle giuste terapie. È stato, però, pubblicato da poco un articolo della University of California di Berkeley, in collaborazione con la Drexel University di Philadelphia, la University of Pennsylvania e la Groningen University, che suggerisce che l'uso dei big data potrebbero non essere la soluzione migliore.

Fino a oggi, gli strumenti di radioprotezione per misurare le radiazioni gamma (fotoni) o beta (elettroni e positroni) perdevano le loro funzionalità in presenza di campo magnetico. La soluzione, ovvero uno strumento capace di misurare la quantità (dose) di radiazioni anche in presenza di campi magnetici, è stata trovata da…
Più di uno lo avrà guardato in cagnesco, quel giovane rettore dell'Università di Bari. Un Nicola Pende dai capelli impomatati, bravo sì, ma soprattutto scaltro e ben ammanicato. Quando infatti, in quel lontano 15 gennaio 1925, nella magnifica cornice del Teatro Petruzzelli tenne il discorso inaugurale di una realtà fortemente…

Conoscere il corpo umano, questa complessa architettura forgiata dall'evoluzione, è una parte fondamentale della formazione dei futuri medici. La dissezione di cadaveri è stata per anni l'unico modo per comprendere cosa c'è al di là dell'epidermide e come funziona. Da decenni, negli Stati Uniti, i medici del Center for Human Simulation presso il Anschutz Medical Campus dell'Università del Colorado, stanno elaborando una soluzione alternativa, riproducendo dei corpi virtuali a partire dall'analisi per immagini di persone reali che hanno deciso di donare le proprie spoglie alla scienza.

L'esistenza di dispositivi che tracciano alcuni dei nostri parametri fisiologici non è una novità. Alcuni sono già a nostra disposizione: un esempio è il Fitbit, un orologio che, quando è indossato, è in grado di fornirci dati sulla nostra attività fisica, sul battito cardiaco e sui ritmi di sonno. Ce ne sono altri, in fase di sperimentazione, come abbiamo potuto leggere in articoli precedenti, ancora molto legati a componenti elettroniche invadenti. Gli scienziati che hanno pubblicato recentemente i risultati del proprio lavoro su Science Advances, però, stanno facendo un ulteriore passo in avanti.

Secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel 2015, in Italia, il 12,8% della popolazione era tatuato. Questo è sicuramente un fenomeno in crescita da tenere sotto controllo per le sue ricadute sanitarie. Cos’è tecnicamente un tatuaggio? Quali sono i rischi connessi? Sono solo un modo per segnare sul nostro corpo simboli, riflessioni o immagini indelebili di esperienze passate?

Quante volte abbiamo letto sui giornali e in alcuni siti quanto l’aglio faccia bene e aiuti a ridurre il rischio di alcune malattie? Del resto è proprio la tradizione che ha tramandato sino ai giorni nostri storie sugli effetti benefici di questo bulbo. La scienza conferma queste proprietà prodigiose oppure non esistono dati che sostengano queste teorie?

La valutazione dello stato di coscienza in un paziente è un terreno minato. Ad oggi non abbiamo ancora stabilito con criteri oggettivi una definizione di "coscienza" e l'esame per misurarla consiste in un test effettuato dal personale medico direttamente sull'interessato, senza l'ausilio di una strumentazione e di risultati non strettamente legati all'interpretazione del singolo. Proprio alla luce di questo, gli scienziati stanno cercando da anni un modo di stimare lo stato di coscienza di una persona con nuove tecniche di analisi. In un articolo pubblicato sulla rivista Brain, la risposta sembra essere un algoritmo che passa in rassegna i segnali forniti da un elettroencefalogramma. Ma siamo pronti a far decidere a una macchina la condizione di vita o di morte di un essere umano?

Una nuova tecnologia lab-on-a-chip, capace di rivelare in che modo le cellule umane comunicano, potrebbe portare a nuove terapie per curare il cancro e malattie autoimmuni. È questo il lavoro svolto da un gruppo di ricercatori provenienti dal Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT University, Australia), dall'École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL) e dal Ludwig Institute for Cancer Research, sempre a Losanna (Svizzera). I risultati ottenuti sono stati pubblicati in un articolo sulla rivista scientifica Small.

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