Esistono ferite, dovute ad esempio a incidenti stradali o operazioni chirurgiche, che lasciano veri e propri squarci nei tessuti molli, troppo estesi per poter essere riparati. Nel corso degli anni sono state trovate alcune soluzioni che, però, spesso comportano inconvenienti e rimarginazioni che lasciano deformità evidenti e invalidanti, da un punto di vista che può essere estetico ma anche funzionale. Un gruppo di ricercatori sembra aver trovato un nuovo rimedio per questi pazienti: un gel iniettabile rinforzato da nanofibre che può ricostruire muscoli e tessuto connettivo. Come? Lo spiegheremo nei prossimi paragrafi.
Esistono ferite, dovute ad esempio a incidenti stradali o operazioni chirurgiche, che lasciano veri e propri squarci nei tessuti molli, troppo estesi per poter essere riparati. Nel corso degli anni sono state trovate alcune soluzioni che, però, spesso comportano inconvenienti e rimarginazioni che lasciano deformità evidenti e invalidanti, da un punto di vista che può essere estetico ma anche funzionale. Un gruppo di ricercatori sembra aver trovato un nuovo rimedio per questi pazienti: un gel iniettabile rinforzato da nanofibre che può ricostruire muscoli e tessuto connettivo. Come? Lo spiegheremo nei prossimi paragrafi.
Come si rimargina una ferita?
Le ferite, nel processo di guarigione, vanno incontro a cicatrizzazione. La cicatrizzazione è il risultato finale di un processo riparativo delle perdite di sostanza e delle semplici soluzioni di continuità dei tessuti molli (epidermide ma anche altri tessuti biologici) che, appunto, può portare a segni più o meno evidenti nella zona del corpo interessata. Esistono differenti modalità in cui si svolge questo meccanismo: può essere più semplice, come per le ferite da taglio, in cui margini netti e ben suturati non comportano la formazione di lacune; ci può essere un decorso più problematico quando le ferite sono lasciate aperte e vi è una estesa perdita di sostanza, infiammazioni, tempi di guarigione più lunghi e formazione di inestetismi anche gravi.
Le vecchie soluzioni per la cicatrizzazione di brutte ferite
Nella notizia riportata da Science sul suo sito, sono descritte le procedure impiegate sino a ora affinché la cicatrizzazione proceda nel migliore nei modi nelle situazioni più gravi, in cui c’è stata la perdita di molto tessuto. I medici possono trapiantare del tessuto proveniente da altre regioni del corpo sulla ferita: è una procedura piuttosto traumatica per i pazienti e che comunque comporta una menomazione in un’altra zona dell’organismo, seppur nascosta o meno in evidenza. Possono essere impiegati tessuti artificiali, sintetizzati in laboratorio, i quali, però, sono facilmente soggetti a rigetto, generando cicatrici spesse e dall’aspetto fibroso.
Esistono anche dei filler simili a gel: se le ferite sono piccole, intorno al centimetro o anche meno, i chirurghi possono iniettare del gel composto da acido ialuronico in cui i macrofagi, cellule del sistema immunitario, possono infiltrarsi. I macrofagi si fanno largo nel gel, attraverso le molecole di acido ialuronico, e inviano segnali affinché altre cellule li raggiungano per aiutarli a riparare i danni presenti. Purtroppo per le ferite più grandi non è così semplice: il gel è troppo soffice e sfuggente per mantenere la forma in modo tale che la cicatrizzazione non lasci lacune. A fronte di questo, i ricercatori hanno tentato di rinforzare la struttura con appositi legami tra le molecole di gel con risultati deludenti: la struttura 3D diveniva troppo rigida e i pori troppo piccoli per farci passare i macrofagi e le altre cellule.
Il nuovo gel: un’impalcatura in cui far lavorare i macrofagi
Gli scienziati della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, nel Maryland (USA), hanno trovato un nuovo modo per costruire un’impalcatura che abbia tutte le caratteristiche necessarie. Hanno dapprima prodotto delle nanofibre a partire da polimeri biodegradabili, quelli usati per le suture assorbibili. Queste fibre sono poi state trattate in maniera tale da avere dei collegamenti molecolari progettati per legarsi all’acido ialuronico, creando un gel resistente proprio come un tessuto molle. La funzione delle nanofibre somiglia a quella dei tondini di acciaio all’interno del cemento armato e ne bastano poche per assicurare la giusta rigidità al gel, una quantità che permette anche ai macrofagi e alle altre cellule di passarvi attraverso. La struttura 3D così costruita è simile alla matrice extracellulare del nostro corpo, l’impalcatura naturale di un tessuto sano. Il nuovo gel è stato sperimentato su conigli con buoni risultati.
Il materiale potrebbe anche riparare tessuti con funzioni specifiche, come il tessuto cardiaco danneggiato dopo un infarto, se opportunamente trattato. Questo potrebbe essere un nuovo obiettivo della ricerca.
Ci sono ferite ancora più difficili da rimarginare, quelle psicologiche. Ne parla Agnese Mariotti nel suo articolo, “Depressione: verso la terapia personalizzata”, pubblicato nel numero di aprile 2018 di Sapere.
Credits immagine: foto di marionbrun da Pixabay