Le microplastiche stanno diventando un problema sempre più sfaccettato per la salute dell’ambiente e dell’uomo. Dopo aver registrato la loro presenza nelle acque e in atmosfera, stupisce solo in parte che gli scienziati ne abbiano trovate nelle nostre tazze di tè, rilasciate dalle bustine in plastica. Quali sono i dati raccolti? Sono preoccupanti?
Le microplastiche stanno diventando un problema sempre più sfaccettato per la salute dell’ambiente e dell’uomo. Dopo aver registrato la loro presenza nelle acque e in atmosfera, stupisce solo in parte che gli scienziati ne abbiano trovate nelle nostre tazze di tè, rilasciate dalle bustine in plastica. Quali sono i dati raccolti? Sono preoccupanti?
Salute e microplastiche: la parola all’OMS
Pochi mesi fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiesto nuove valutazioni sulla presenza di microplastiche nell’ambiente e sul loro impatto potenziale sulla salute umana, al seguito di un’analisi delle attuali ricerche su questo inquinante nell’acqua potabile. Secondo il documento, l’assorbimento di microplastiche con dimensioni maggiori di 150 micrometri (per darvi un’idea, è di 30 micrometri lo spessore di un capello sottile) sia improbabile e quello di particelle più piccole sia limitato. L’assorbimento e la distribuzione di particelle di microplastiche di dimensioni molto ridotte – incluse le nanoplastiche, che misurano da 1 a 100 nanometri – potrebbe essere comunque più alto ma, purtroppo, le informazioni a nostra disposizione sono ancora poche.
Per quanto riguarda la nostra sicurezza, l’OMS ha dichiarato che i sistemi di trattamento delle acque reflue per la rimozione di microrganismi patogeni e composti chimici sono in grado di eliminare più del 90% delle microplastiche e che i trattamenti convenzionali per le acque potabili possono filtrare particelle più piccole del micrometro.
Non solo tè nella tazza: l’esperimento della McGill University
Come accennato, i ricercatori hanno già esaminato le presenza di microplastiche nell’ambiente, nell’acqua di rubinetto, in quella imbottigliata e in alcuni cibi. Gli scienziati della McGill University hanno, invece, pensato si rivolgere la loro attenzione alle bustine da tè in plastica, per l’esattezza in nylon e polietilene tereftalato, introdotte da non molto tempo nel mercato. Sono state scelti quattro differenti tè, le bustine sono state aperte e svuotate per evitare che il contenuto interferisse con le analisi. In seguito, le bustine vuote sono state immerse nell’acqua bollente, a 95°C, simulando la tradizionale preparazione della bevanda. Utilizzando il microscopio a scansione elettronica, gli studiosi hanno trovato che una singola bustina di tè in plastica rilascia nell’acqua circa 11,6 miliardi di particelle di microplastiche e 3,1 miliardi di particelle di nanoplastiche. Sono valori migliaia di volte maggiori rispetto a quelli registrati in altri alimenti precedentemente esaminati.
Gli effetti sugli esseri viventi: i dati raccolti su un piccolo crostaceo
Sulle bustine di tè è stato condotto anche un altro esame: sono stati osservati gli effetti delle particelle rilasciate su un organismo acquatico, Daphnia magna. È un piccolo crostaceo utilizzato negli studi di ecotossicologia, nello specifico nei saggi di tossicità con cui si testa il potenziale tossico di determinati inquinanti. Con Daphnia magna si analizza la tossicità acuta, ossia l’effetto letale di una sostanza misurando la mobilità degli individui di una popolazione sottoposta all’esposizione all’inquinante. I piccoli animali sono sopravvissuti all’esposizione alle microplastiche ma hanno mostrato anomalie anatomiche e comportamentali. Micro e nanoplastiche possono avere effetti minori o cronici sugli esseri umani? Saranno necessari altri studi per saperlo.
Ancora inquinamento da plastica nell’articolo di Eleonora Polo, “Le isole di plastica: alla scoperta del settimo continente”. Potete acquistarlo e leggerlo singolarmente o con il numero di aprile 2016 di Sapere.
Credits immagine: foto di Rudy e Peter Skitterians da Pixabay