Il paesaggio mostrato nella foto si trova nell’Altiplano sudamericano: è il Salar de Quisquiro, una pianura di sale del Cile le cui caratteristiche potrebbero essere le stesse possedute in passato dal cratere Gale, su Marte. Questa lettura è supportata dai nuovi dati raccolti dal rover Curiosity e pubblicati su Nature Geoscience.
Il paesaggio mostrato nella foto si trova nell’Altiplano sudamericano: è il Salar de Quisquiro, una pianura di sale del Cile le cui caratteristiche potrebbero essere le stesse possedute in passato dal cratere Gale, su Marte. Questa lettura è supportata dai nuovi dati raccolti dal rover Curiosity e pubblicati su Nature Geoscience.
Curiosity e la sua missione
Curiosity è il rover della NASA, giunto su Marte nel 2012 nell’ambito della missione Mars Science Laboratory. Il suo scopo è scoprire se il Pianeta rosso abbia mai presentato le condizioni ambientali adatte per ospitare piccole forme di vita come i microrganismi. Con quali strumenti svolge questo compito? Particolari macchine fotografiche e videocamere, spettrometri, rilevatori di radiazione e sensori ambientali e atmosferici permettono al rover di raccogliere informazioni su rocce, suolo e aria, dati che gli scienziati elaborano per capire se c’è stata mai vita su Marte, per descriverne il clima, per ricostruirne la geologia ma anche per iniziare comprendere in che modo progettare una futura missione con equipaggio.
Qual è la storia del cratere Gale?
Perché Curiosity sta studiando proprio il cratere Gale? Il cratere Gale, che si presenta con una montagna stratificata nel mezzo, si è formato a causa dell’impatto con un meteorite circa 3,5-3,8 miliardi di anni fa. L’evento produsse una depressione nel terreno e l’esplosione proiettò fuori, sui lati del cratere, materiale come rocce e suolo. Gli scienziati hanno scelto questo sito perché ha mostrato segni di una possibile presenza di acqua nella sua storia e, come spesso ripetiamo, l’acqua è uno degli ingredienti essenziali per la vita.
Cosa è successo dopo la formazione del cratere? C’è stato un momento in cui su Marte il clima era più umido e le acque sotterranee penetrarono nel cratere e contribuirono a riempirlo, insieme alle acque provenienti dai fiumi alimentati da piogge e neve disciolta. Si formò un grande lago e i flussi dei corsi d’acqua portarono con loro anche sedimenti di varie dimensioni che iniziarono a stratificarsi nei milioni di anni successivi, divenendo roccia e registrando i futuri indizi su come l’ambiente le avesse create.
A un certo punto, però, le condizioni ambientali si modificarono per lasciar spazio a un clima più arido che prosciugò i fiumi. Sabbia e polvere, trasportati nel cratere, si depositarono seppellendo in profondità i sedimenti lacustri. In seguito i venti che dapprima avevano portato i sedimenti nel cratere, cominciarono a spazzarli via e, in aree vicine al bordo, quegli stessi venti scavarono gli antichi depositi lacustri: alleggerendo il peso sovrastante, gli strati sottostanti si fratturarono e le acque sotterranee, che in quel tempo erano rimaste sotto la superficie, si insinuarono nelle crepe alterando nuovamente il sedimento prima di seccarsi ancora una volta. Arrivati a 3 miliardi di anni fa il paesaggio ha assunto quelle caratteristiche che ancora oggi osserviamo grazie al lavoro di Curiosity.
Indizi di antichi laghi su Marte
Quella riportata nel paragrafo precedente è una ricostruzione realistica di parte della storia geologica di Marte? Sembra di sì, alla luce dei risultati pubblicati su Nature Geoscience. Gli autori hanno interpretato i sali scoperti da Curiosity nel sito come prove dell’antica presenza di laghi salmastri poco profondi che sono andati incontro a episodi di piena e prosciugamento. I depositi sono i segni, le tracce create dalle fluttuazioni climatiche che hanno condotto l’ambiente marziano da una fase umida all’attuale deserto ghiacciato. Gli studiosi ora desiderano raccogliere maggiori informazioni su altre stratificazioni, ad esempio in luoghi del cratere più inclinati in cui ritrovare nuovi indizi del passaggio dall’era del lago profondo a quella del paesaggio arido e desolato. La chiave potrebbe essere l’unità contenente solfati, altri sali, una regione che ci si aspetta si sia formata nel periodo più secco e che Curiosity esplorerà nei prossimi anni.
Non sappiamo ancora quando l’uomo riuscirà toccare il suolo marziano. In attesa di quel momento vi consigliamo di acquistare e leggere le parole di Giovanni Bignami raccolte nell’articolo “Progetto Marte: tra fantascienza e realtà”, pubblicato nel numero di dicembre 2016 di Sapere.
Credits immagine: Maksym Bocharov/NASA