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22 Nov 2017

Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici: pochi punti per capirlo meglio

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I cambiamenti climatici sono una realtà e non possiamo negare che la Natura e, soprattutto, i dati raccolti dagli scienziati, stiano dipingendo un quadro drammatico del futuro, uno scenario che non migliorerà se non riusciremo ad agire prima che sia troppo tardi. Non solo i singoli cittadini devono contribuire in maniera consapevole alla salvaguardia del pianeta in cui viviamo. Un grandissimo sforzo deve essere compiuto dalle nazioni e l’Accordo di Parigi di cui tanto sentiamo parlare – in particolar modo da quando Donald Trump ha deciso che gli Stati Uniti lo avrebbero abbandonato – è la prova tangibile che la politica mondiale sta tracciando la strada da percorrere.

I cambiamenti climatici sono una realtà e non possiamo negare che la natura e, soprattutto, i dati raccolti dagli scienziati, stiano dipingendo un quadro drammatico del futuro, uno scenario che non migliorerà se non riusciremo ad agire prima che sia troppo tardi. Non solo i singoli cittadini devono contribuire in maniera consapevole alla salvaguardia del pianeta in cui viviamo. Un grandissimo sforzo deve essere compiuto dalle nazioni e l’Accordo di Parigi di cui tanto sentiamo parlare – in particolar modo da quando Donald Trump ha deciso che gli Stati Uniti lo avrebbero abbandonato – è la prova tangibile che la politica mondiale sta tracciando la strada da percorrere.

 

 

In principio fu il Protocollo di Kyoto

 

 

La preoccupazione per il clima ha origini più lontane: nel 1992, a Rio de Janeiro, fu stipulata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC – United Nations Framework Convention on Climate Change), un trattato internazionale sottoscritto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite. Era un documento non vincolante che poneva limiti non obbligatori alle emissioni di gas serra alle singole nazioni firmatarie che, però, avrebbero potuto porre tetti obbligatori in atti successivi, durante apposite conferenze. Fu quello che accadde nel 1997 con il Protocollo di Kyoto che prevedeva l’obbligo di ridurre le emissioni di molecole inquinanti in percentuale non inferiore all’8,65% rispetto alla produzione registrata nel 1985. L’intervallo di tempo in cui farlo era compreso tra il 2008 e il 2012.

 

 

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A piccoli passi

 

 

A partire dall’UNFCCC, firmato da 154 nazioni, tra cui l’Italia, e entrato in vigore il 21 marzo 1994, i Paesi in questione si incontrarono annualmente nelle Conferenze delle Parti (COP) per analizzare i risultati ottenuti. Tanti sono stati gli incontri e le ridiscussioni degli obiettivi da perseguire e l’Accordo di Parigi è uno di questi piccoli passi: un testo realizzato durante la COP21, tenutasi nella capitale francese nel 2015. Quali sono i punti principali di questo documento?
Analizziamoli brevemente:

  • mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali e proseguire l’azione in modo che, successivamente, l’incremento non superi gli 1,5 °C;
  • accrescere la capacità di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici e promuovere lo sviluppo resiliente al clima e a basse emissioni di gas serra;
  • far sì che ai primi due punti corrisponda una risposta finanziaria adeguata.

Questi obiettivi, contenuti nell’articolo 2 dell’Accordo, prevedono dalle Parti – gli Stati coinvolti – contributi culturali, politici, sociali ma anche economici, proporzionali al loro stadio di sviluppo. I Paesi più ricchi, quindi, si dovrebbero impegnare a supportare quelli in via di sviluppo in questo rinnovamento necessario per la sopravvivenza del nostro ecosistema e, quindi, della stessa umanità.

 

 

Il conto alla rovescia è già iniziato

 

 

L’Accordo di Parigi è stato firmato nel dicembre del 2015 da 195 Paesi, la quasi totalità a eccezione di Siria e il Nicaragua. Il documento è entrato in vigore il 4 novembre del 2016, dopo essere stato ratificato da 55 Paesi produttori di uno stimato 55% del totale delle emissioni di gas serra globali. Nel giugno di quest’anno il neo-presidente degli USA, Donald Trump, ha annunciato il ritiro dall’Accordo firmato nel 2015 dalla precedente amministrazione Obama. Ma la natura non aspetta e la minaccia dovuta al surriscaldamento globale sta avanzando: un esempio è il distacco di grandi iceberg dalle piattaforme Larsen A, nel 1995, e Larsen B, nel 2002, in Antartide (la recente frattura di Larsen C non presenta una chiara correlazione con il sensibile aumento di temperatura al Polo sud).

 

 

L’Antartide è uno dei protagonisti della regolazione del clima a scala globale. Se volete conoscere meglio questo e altri aspetti del misterioso territorio polare, acquistate il numero di Sapere di ottobre e leggete “Il giro dell’Antartide in novanta giorni” di Giuseppe Suaria.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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