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gennaio-febbraio 2021

Alla ricerca di cavità sotterranee

di Rita Blanos, Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale-OGS, Trieste

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Nuove metodologie geofisiche permettono di individuare in modo non invasivo la presenza di vuoti sotterranei. Le analisi del Carso triestino ne sono un ottimo esempio.

 

Il Carso triestino è un altopiano roccioso nel quale si verificano importanti fenomeni di dissoluzione delle rocce calcaree per l’azione di acque cariche di anidride carbonica. L’acqua penetra nelle fratture della roccia e, grazie alla sua azione erosiva, le allarga progressivamente fino a formare delle vere grotte, che possono raggiungere anche notevoli dimensioni.
Sul Carso triestino sono presenti più di 2700 grotte di varie forme e dimensioni, a sviluppo orizzontale o verticale. In questo territorio si trova una delle grotte più vaste al mondo, la Grotta Gigante. Nell’area sovrastante la Grotta Gigante e nelle zone a essa adiacenti sono state effettuate indagini geofisiche per individuare le cavità presenti nel sottosuolo. Queste tecniche si basano sullo studio delle proprietà fisiche della Terra che possono portare a variazioni del campo gravitazionale terrestre o modificare il percorso di correnti elettriche o onde elettromagnetiche immesse artificialmente nel sottosuolo.
I risultati di queste analisi sono stati raccolti nel progetto di divulgazione scientifica THOMAS (THematic Organization of Meetings in eArth Sciences) presentato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale in collaborazione con la Società Alpina delle Giulie: l’obiettivo è avvicinare il pubblico alle tecniche di indagine utilizzate nel campo della geofisica e della geologia e ai risultati che tali metodologie possono fornire per lo studio e la conoscenza del territorio, in particolare del sottosuolo.

 

Le anomalie di gravità nel sottosuolo

 

Secondo la teoria della relatività generale sviluppata nel 1915 da Einstein, così come un bambino, a causa del suo peso, curva il telo del tappeto elastico su cui è salito, allo stesso modo un pianeta o una stella curvano lo spazio-tempo che li circonda. Sia il tappeto elastico che lo spazio attorno al pianeta si curvano in modo direttamente proporzionale alla massa; maggiore è la massa del bambino o del pianeta, maggiore è la curvatura. Se un altro corpo si avvicina troppo a questo spazio deformato, tenderà a “cadere” verso la massa che ha causato la deformazione tanto più velocemente quanto maggiore è la massa che lo attrae. L’accelerazione di gravità g è la grandezza fisica che rappresenta la velocità di caduta.
L’accelerazione di gravità sulla superficie terrestre si può considerare costante e pari a 9,81 m/s2; questo significa che una massa in caduta libera sulla Terra aumenta la sua velocità di 9,8 m/s ogni secondo. Nella realtà però l’accelerazione non è uniforme, ma varia tra i poli e l’equatore sia perché la Terra non è perfettamente sferica, sia a causa di variazioni di densità in prossimità della superficie terrestre.
Il rilevamento gravimetrico consiste nella determinazione delle variazioni di densità che portano il valore dell’accelerazione di gravità misurata a discostarsi in modo sensibile da quella teorica. Grazie a strumenti molto precisi che permettono di misurare il valore dell’accelerazione di gravità, è possibile individuare corpi con densità maggiore rispetto a quella dell’ambiente circostante: l’eccesso di massa di questi corpi fa sì che l’accelerazione di gravità misurata sia superiore al valore teorico delle masse circostanti (anomalia positiva). Se invece la misurazione riguarda zone con densità inferiore, e quindi con carenza di massa, il valore di accelerazione di gravità misurato sarà inferiore a quello teorico (anomalia negativa).
Le prospezioni gravimetriche, oltre a trovare applicazione in diversi ambiti (per esempio nelle ricerche geologiche su grande scala e in quelle minerarie), sono particolarmente utili per individuare delle cavità, cioè zone con difetto di massa rispetto alle zone circostanti, che costituiscono il caso estremo di un’anomalia negativa.

 

Le prospezioni gravimetriche in prossimità della Grotta Gigante

 

La Grotta Gigante contiene una delle sale più grandi al mondo: una cavità alta 98 m, lunga 107 m e larga 70 m. Questa cavità naturale, oltre a essere una famosa attrazione turistica visitata ogni anno da migliaia di persone, è oggetto di ricerche multidisciplinari nel campo della geofisica. Al suo interno sono presenti degli strumenti di proprietà dell’Università di Trieste, chiamati “pendoli”, attraverso i quali è possibile misurare i movimenti della crosta terrestre, la parte più esterna della litosfera.
Sull’area sovrastante la Grotta Gigante, ubicata in prossimità dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, è stata invece realizzata una rete gravimetrica di circa 80 punti per un’estensione totale di 20000 metri quadrati. Il gravimetro utilizzato si basa sull’equilibrio di una massa sospesa tramite una molla: l’allungamento della molla rispetto a una data posizione iniziale è funzione della variazione dell’accelerazione di gravità tra il punto di partenza e il punto corrente di misura.
I risultati delle misure effettuate hanno fornito valori di accelerazione di gravità più bassi di circa 1,5 × 10–5 m/s2 rispetto all’area circostante, dovuti appunto all’assenza di massa nella cavità in un volume complessivo di 365000 metri cubi [1].

 

La propagazione della corrente elettrica nel sottosuolo

 

Come molti sapranno, la corrente elettrica è un movimento continuo di cariche elettriche elementari, cioè un flusso ordinato di elettroni, che ha luogo all’interno di alcuni materiali. I materiali che permettono agli elettroni liberi di spostarsi da un atomo a un altro, e quindi consentono alla corrente di attraversarli, vengono definiti conduttori. Gli isolanti invece sono materiali attraverso i quali la carica elettrica si trasferisce con estrema difficoltà.
La grandezza fisica che indica l’attitudine di un materiale a opporre resistenza al passaggio delle cariche elettriche è la resistività elettrica, misurata in Ω/m, una proprietà intrinseca di qualunque materiale.
Nelle rocce, la capacità di essere attraversate dalla corrente dipende in prima approssimazione dalla resistività dei minerali che le compongono: i minerali metallici sono in genere buoni conduttori mentre tutti gli altri, in condizioni asciutte, sono cattivi conduttori o isolanti. In natura, tuttavia, le rocce si trovano generalmente allo stato umido o sono impregnate d’acqua; quindi presentano, per la maggior parte, caratteri di conducibilità di tipo elettrolitico dovuta al contenuto di soluzione acquosa, alla sua salinità e ad altri fattori come la porosità, il grado di cementazione, la tessitura (cioè la disposizione e le dimensioni dei granuli), la permeabilità e la temperatura.

 

Le indagini geoelettriche

 

Lo scopo delle indagini geoelettriche è quello di ricavare informazioni riguardanti la geometria e la localizzazione delle strutture presenti nel sottosuolo in funzione delle loro proprietà elettriche.
I metodi geoelettrici si possono suddividere in due categorie principali: quelli che utilizzano correnti elettriche naturali esistenti nel sottosuolo (metodi passivi) e quelli che utilizzano correnti elettriche artificialmente immesse nel terreno (metodi attivi).
Tra i metodi attivi, quello più utilizzato è il metodo della resistività, che si basa sull’immissione di correnti elettriche nel terreno con due o più elettrodi, detti “elettrodi di corrente”, e sulla misurazione della differenza di potenziale raccolta tra altri due elettrodi, detti “di potenziale”. A seconda della distanza reciproca tra gli elettrodi che immettono la corrente e gli altri due che misurano la differenza di potenziale, si possono indagare profondità sempre maggiori di terreno.
Il valore di resistività ottenuto durante le misure geoelettriche è, in realtà, un dato apparente perché le linee di corrente hanno attraversato varie formazioni rocciose di diversa resistività e spessore. Si misura quindi un valore di resistività anomalo rispetto al valore che si misurerebbe in un sottosuolo omogeneo (in cui ogni parte ha le stesse proprietà fisiche) e isotropo (le cui proprietà fisiche non dipendono dalla direzione lungo le quali vengono calcolate).
Acquisendo il maggior numero di dati possibile ed elaborando le misure di resistività apparente attraverso un processo di inversione, è possibile determinare modelli di resistività del sottosuolo che permettono di caratterizzare le rocce, individuare falde acquifere, siti inquinati, strutture sepolte o cavità. Nello specifico, le cavità all’interno di un ammasso carbonatico generano un forte contrasto con il materiale circostante a causa dell’alta resistività dell’aria al passaggio della corrente elettrica e risultano quindi immediatamente visibili all’indagine geoelettrica [2].

 

Indagini geoelettriche in prossimità della Grotta Doria

 

La zona prescelta per effettuare le indagini geoelettriche è stata la Grotta Doria, nel Carso triestino. La grotta, oltre a rivestire un notevole interesse per le ricerche scientifiche di meteorologia ipogea, costituisce, assieme alla vicina Grotta delle Geodi e alla Grotta II, a est di Borgo Grotta Gigante, un esteso sistema sotterraneo, residuo di un più vasto inghiottitoio che nel tempo è stato limitato nel suo sviluppo da fenomeni di crollo e riempimento. L’esistenza di questo sistema ipogeo è stata validata dalle prospezioni geoelettriche che hanno dimostrato l’effettiva continuità tra queste grotte.
Le misurazioni sono state effettuate con un tipo di configurazione elettrodica chiamata dipolo-dipolo, nella quale gli elettrodi, come dicevamo, costituiscono due coppie separate, una formata dagli elettrodi di corrente e una da quelli di potenziale. In totale sono stati utilizzati 32 elettrodi distanziati di 4 metri.
Nella tomografia elettrica ottenuta, i valori di resistività del calcare sono valutati tra 1000 e 4000 Ω/m, mentre i termini basso-resistivi sono legati alla presenza di depositi di terra rossa o comunque di depositi sciolti. Valori superiori di resistività individuano la presenza di vuoti nel sottosuolo confermando la presenza di un sistema di collegamento tra le grotte. L’indagine ha permesso l’individuazione di una nuova cavità compresa tra altre due di ubicazione già nota.

 

La propagazione delle onde elettromagnetiche nel sottosuolo

 

Le onde elettromagnetiche, secondo la teoria di Maxwell, sono fenomeni oscillatori di tipo sinusoidale e sono costituite da due grandezze che variano periodicamente nel tempo: il campo elettrico e il campo magnetico. Le principali caratteristiche delle onde elettromagnetiche dipendono da una loro proprietà fondamentale, la frequenza, ossia il numero di oscillazioni compiute in un secondo, misurata in Hertz. I campi elettromagnetici che investono un mezzo materiale dipendono, secondo le equazioni di Maxwell, da tre proprietà fisiche diverse: la permittività dielettrica, la permeabilità magnetica e la resistività elettrica. Considerando che la permeabilità magnetica dei materiali è all’incirca pari a quella del vuoto, la propagazione delle onde elettromagnetiche è governata dalla permittività dielettrica e dalla resistività elettrica.
La velocità delle onde elettromagnetiche può essere considerata una funzione della permittività dielettrica, che rappresenta l’attitudine di un mezzo alla propagazione di un campo elettromagnetico, mentre la profondità di esplorazione dipende dalla conduttività del materiale: in corrispondenza di terreni molto conduttivi si ha un forte assorbimento dell’onda elettromagnetica che riduce notevolmente la capacità di penetrazione.

 

Il Ground Penetrating Radar

 

Il Ground Penetrating Radar (GPR) è uno strumento che trasmette nel sottosuolo impulsi di onde elettromagnetiche a frequenza compresa tra 50 MHz e 2000 MHz. L’onda elettromagnetica si propaga con una velocità che varia in funzione del tipo di terreno, fino alla prima superficie di discontinuità di permittività dielettrica, dove in parte si riflette e viene registrata dall’antenna ricevente, e in parte si trasmette nel sottosuolo e viene riflessa dalle successive discontinuità.
I segnali riflessi vengono captati in superficie da un’antenna ricevente; quest’ultima può essere la stessa utilizzata per la trasmissione (configurazione monostatica) o una distinta (configurazione bistatica). La frequenza dell’antenna determina sia le caratteristiche di risoluzione sia la massima profondità di esplorazione ottenibile: basse frequenze del segnale immesso comportano una maggiore penetrazione delle onde elettromagnetiche, mentre le alte frequenze consentono di ottenere una migliore risoluzione e quindi un miglior dettaglio delle anomalie riscontrate nel sottosuolo.
Gli impulsi ricevuti vengono rappresentati in un diagramma dove l’ascissa corrisponde alla distanza sorgente-ricevitore e l’ordinata ai tempi di andata e ritorno necessari alle onde elettromagnetiche per raggiungere le discontinuità o gli oggetti riflettenti.
Conoscendo i tempi di riflessione e i valori delle velocità di propagazione relativi alle permittività dielettriche dei materiali presenti nel sottosuolo, si ricavano informazioni sulle profondità, ottenendo così delle sezioni in cui è possibile riconoscere gli andamenti delle discontinuità o localizzare cavità presenti nel sottosuolo.

 

Le prospezioni elettromagnetiche in prossimità della Grotta Doria

 

Sono stati eseguiti, sempre in prossimità della Grotta Doria e della Grotta delle Geodi, profili di acquisizione con il Ground Penetrating Radar per convalidare, anche con questa metodologia, la presenza del sistema sotterraneo. Nello specifico sono stati eseguiti, in un’area complessiva di 800 metri quadrati, 22 profili paralleli ciascuno lungo 20 metri, distanziati tra loro di 2 metri. La frequenza dell’antenna in configurazione monostatica, impostata a 70 MHz, ha permesso di avere la risoluzione sufficiente per questo tipo di indagine. Le sezioni ottenute dopo l’elaborazione degli impulsi ricevuti mostrano un segnale a circa 10 metri di profondità relativo alla cavità ubicata tra la Grotta Doria e la Grotta delle Geodi.
La possibilità di determinare, grazie alle metodologie geofisiche presentate, l’ubicazione e l’estensione delle cavità presenti nel sottosuolo è importante non solo nella ricerca scientifica, ma anche in fase di pianificazione dello sviluppo urbano in quanto fenomeni di cedimenti possono arrecare danni notevoli alle strutture antropiche presenti sul territorio.

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