“Ma nemmeno nei tuoi sogni!”.
Possiamo immaginare sia stato questo il pensiero di molti esponenti della comunità chimica quando, a inizio anni 2000, lessero un articolo in cui Barry Sharpless discuteva i principi della click chemistry, la chimica “a scatto”.
Cos’è la chimica a scatto?
La chimica organica è un mondo complesso in cui dominano reazioni – anche intricate – che spesso non rispettano nemmeno uno dei parametri enunciati da Sharpless: immaginare un processo o addirittura tanti processi catalogabili come “click chemistry” sembrava allora più un esercizio di stile che un reale contributo alla ricerca.
La realtà dei fatti oggi racconta un’altra storia: a distanza di 20 anni da quell’articolo, conosciamo una grande varietà di reazioni che usano solventi non tossici, avvengono a bassa temperatura, utilizzano sostanze facilmente reperibili sul mercato e producono quantità quasi irrilevanti di scarti. Insomma, tutti i laboratori chimici conducono, hanno condotto o condurranno reazioni che rispettano i dettami della “chimica a scatto”.
Cos’è la chimica bioortogonale?
L’avvento quasi contemporaneo della chimica bioortogonale, di cui Carolyn Bertozzi è stata pioniera, ha in pratica chiuso un cerchio. La ricerca di Bertozzi ha individuato una serie di reazioni che avvengono in un organismo vivente senza interferire con lui in alcun modo. Spiegata così sembra semplice, ma in una cellula avvengono migliaia di reazioni ogni secondo: non interferire con nessuna di queste è quasi come fare 6 al Superenalotto. Bertozzi ci è riuscita: le sue reazioni avvengono e l’organismo nemmeno se ne accorge. Il chimico può allora studiare l’azione di una sostanza direttamente in un ambiente biologico ottenendo una mole di informazioni enorme in poco tempo.
Chimica e farmaci: una ricerca da Nobel
L’innovazione arrivata con la click chemistry e con la chimica bioortogonale si è fatta maggiormente sentire nel campo biologico e farmaceutico: come lo stesso Sharpless ha affermato in un’intervista rilasciata a Repubblica nel 2019, produrre farmaci sta diventando sempre più complesso.
Per fare un esempio, questa è la struttura dell’elagolix, il principio attivo di un farmaco che, da qualche anno, dà sollievo a chi soffre di endometriosi. Anche agli occhi di un chimico esperto risulta una molecola complicata: produrla su scala industriale non è banale, così come non è banale il suo costo.
Il motivo di tanta complessità è presto spiegato: la conoscenza dei processi biochimici che avvengono nel corpo umano sta raggiungendo livelli di precisione difficilmente immaginabili fino a pochi anni fa. I chimici possono allora ideare e creare farmaci incredibilmente specifici nei confronti di un disturbo o di una malattia: spesso, però, specificità fa rima con complessità.
Applicando le tecniche della click chemistry, si possono costruire farmaci complessi con impressionante semplicità e la chimica può tornare alla portata della gente. È questa l’ambizione di Sharpless: mettere a punto procedimenti sintetici così semplici che anche un paziente possa prodursi in casa il proprio farmaco a partire da ingredienti facilmente reperibili in una normale farmacia. Sembra fantascienza, ma siamo sicuri di voler scommettere contro uno che ha ribaltato l’intera chimica organica con tanta nonchalance?
Il Nobel per la Chimica 2022 assegnato a Carolyn Bertozzi, Morten Meldal e Barry Sharpless «per lo sviluppo di un nuovo metodo per assemblare nuove molecole» è quindi testimonianza di un nuovo approccio alla chimica. Ricordiamo inoltre che Sharpless è il primo scienziato a vincere 2 premi Nobel per la Chimica e Bertozzi è dichiaratamente omosessuale. Siamo testimoni della storia della scienza.
Immagine di copertina: © Johan Jarnestad/The Royal Swedish Academy of Sciences