Capire come una molecola possa propagarsi in un fluido biologico e raggiungere in pochi minuti l’interfaccia sensibile di un dispositivo mille miliardi di volte più grande è un rompicapo che negli ultimi anni ha dato vita a un intenso dibattito scientifico. Risolvere l’enigma e aprire la strada allo sviluppo di bio-sensori elettronici sempre più efficaci è quanto hanno fatto ricercatori dei Dipartimenti Interuniversitario di Chimica, Fisica, Farmacia-Scienze del Farmaco dell’Università di Bari, dell’Istituto di cristallografia (CNR-IC) e della sede barese dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie (CNR-IFN) del Consiglio nazionale delle ricerche. La ricerca è stata pubblicata su Advanced Science, rivista internazionale a elevato impact factor.
La spiegazione è stata ottenuta sviluppando un modello basato sulla teoria di Einstein per la diffusione di particelle soggette al moto browniano. Secondo il modello, un singolo antigene di immunoglobulina (IgG) in acqua è soggetto a un incessante moto disordinato a causa dei frequentissimi urti con le molecole. L’analisi statistica mostra che in soli 10 minuti, grazie al moto browniano, la molecola può esplorare un volume pari a qualche decimo di millimetro cubo mentre ruota velocemente esponendo diversi siti di legame; questo è sufficiente per garantire l’interazione efficace con uno dei moltissimi anticorpi presenti sull’interfaccia attiva del sensore. Il risultato ottenuto ha enorme rilevanza per lo sviluppo di bio-sensori elettronici efficaci per la rivelazione precoce di patologie e per la medicina di precisione.
La ricerca che aiuta la prevenzione
Nelle fasi asintomatiche che precedono l’insorgenza di patologie gravi, quali i tumori, le malattie neurodegenerative o il COVID-19, nei fluidi biologici del corpo umano sono presenti solo pochissimi bio-marcatori o patogeni. La loro rivelazione tempestiva consentirebbe realmente una diagnostica precoce e permetterebbe di trasformare radicalmente l’approccio medico da curativo a preventivo. Rivelare poche molecole ultra-diluite in un fluido utilizzando i dispositivi nanometrici esistenti è possibile, ma richiede settimane o mesi, poiché la probabilità di incontro e interazione fra un bio-marcatore e un nano-sensore, entrambi di dimensioni dell’ordine del nanometro (1 miliardesimo di metro), è infinitamente bassa nel volume di un campione di sangue o saliva da analizzare (un decimo di millilitro).
Sorprendentemente, diversi recenti esperimenti hanno dimostrato che, se invece di un nano-dispositivo, si utilizzano sensori aventi interfacce di millimetri, tappezzate con un grandissimo numero (mille miliardi) di anticorpi di cattura, è possibile rivelare la presenza di una singola molecola finanche in decimi di millilitro, nel giro di pochi minuti.
Rivelare patogeni con i sensori SiMoT
Questo lavoro fuga un preconcetto diffuso in ambito scientifico, ovvero la generalizzazione dell’esistenza della cosiddetta barriera di diffusione. Infatti, questo limite riguarda solo i sensori con interfacce nanometriche, che risultano inadatti per impieghi su campioni reali. Invece, i sensori SiMoT (Single Molecule large area Transistor) possono rivelare patogeni a concentrazioni ultra-basse in tempi di qualche minuto e sono quindi estremamente promettenti per una nuova generazione di bio-sensori. Inoltre, è evidente come per aggredire problemi complessi a livello molecolare in sistemi reali sia di grande efficacia un approccio multidisciplinare basato su fisica dei dispositivi elettronici, fisica statistica, chimica analitica, dinamica molecolare e nanotecnologie.
Riferimenti: Eleonora Macchia, Liberato De Caro, Fabrizio Torricelli, Cinzia Di Franco, Giuseppe Felice Mangiatordi, Gaetano Scamarcio, Luisa Torsi, “Why a Diffusing Single‐Molecule can be Detected in Few Minutes by a Large Capturing Bioelectronic Interface”, Advanced Science (2022): 2104381.