Vi siete mai chiesti: “Cosa vedreste al momento dello scatto, se foste il sensore di una fotocamera?”.
Ho detto al momento dello scatto perché prima dello scatto c’è differenza fra una reflex e una mirrorless.
Il sensore della reflex vede qualcosa solo nel momento in cui scattiamo la foto, poi è sempre al buio. Quello della mirrorless, invece, vede sempre perché è lui che produce di continuo l’immagine elettronica che vediamo nel mirino. Quando scattiamo la foto, l’otturatore si chiude un attimo per poi riaprirsi per il tempo di esposizione prestabilito, quindi richiudersi. Salvata l’immagine, l’otturatore si riapre nuovamente.
Spieghiamo meglio
Per rendere più facile la comprensione dei concetti che illustrerò, consideriamo il sensore di una reflex, più correttamente, DSLR (Digital Single-Lens Reflex).
La caratteristica fondamentale di una reflex è che uno specchio, posto davanti all’otturatore, devia l’immagine della scena da riprendere verso l’alto. Un pentaprisma raddrizza l’immagine e la invia al mirino.
Quando scattiamo la foto, lo specchio si alza e l’immagine giunge sull’otturatore che mantiene oscurato il sensore. A questo punto l’otturatore si apre per il tempo di esposizione prestabilito, la scena viene catturata dal sensore, quindi si richiude. Infine, lo specchio si riposiziona.
Concludendo, se foste un sensore vedreste la scena da riprendere solo per un breve lasso di tempo, oltretutto la vedreste capovolta.
L’otturatore è composto da due “tendine” simili a due saracinesche che si aprono in senso opposto l’una all’altra, generalmente in senso verticale. Quindi, una si apre salendo e l’altra scendendo.
Il tempo di esposizione può essere di uno o più secondi, ma generalmente è di frazioni di secondo. 1/30, 1/60, 1/125, 1/250, 1/500, 1/1000 di secondo sono tempi di esposizione frequentemente utilizzati. Le fotocamere consentono anche valori intermedi ma questi valori base sono più che sufficienti. La regolazione dell’esposizione si basa sul raddoppio o sul dimezzamento della quantità di luce che incide sul sensore (o sulla pellicola). Passando da un valore al successivo o al precedente, si riduce o si aumenta l’esposizione di uno “stop”.
Il concetto è esporre il sensore alla scena da riprendere per il tempo prestabilito, per esempio 1/125 di secondo.
Facciamo un esempio
Se avessimo una sola tendina potremmo aprirla velocemente, tenerla aperta per 1/125 di secondo e poi richiuderla velocemente. Ma per quanto veloce possa essere la tendina, sarà sempre un tempo “discreto” che influirà sul risultato.
Immaginate al rallentatore la tendina come la saracinesca di una finestra che si apre, alzandosi, e poi si richiude. La parte in basso del sensore resterà esposta per un tempo maggiore rispetto a quella in alto. Considerando che l’immagine vista dal sensore è capovolta, la fotografia verrà più luminosa sopra e più scura sotto.
Per ovviare a questo inconveniente si usano due tendine che lavorano in sensi opposti, per esempio la prima si apre verso l’alto e la seconda verso il basso, come nella figura di seguito.
Quando scattiamo, si apre la seconda tendina scendendo (2), mentre la prima resta chiusa mantenendo il sensore oscurato.
Successivamente si apre la prima tendina salendo (3) e il sensore vede la scena da riprendere. Allo scadere del tempo di esposizione sale la seconda tendina per oscurare il sensore (4). Infine, si richiude anche la prima tendina (5).
Sono cruciali i punti 2, 3 e 4: la prima tendina sale scoprendo il sensore, poi sale la seconda per ricoprirlo. In questo modo ogni punto del sensore viene esposto per lo stesso tempo alla scena.
Analizziamo nel dettaglio la sequenza così come è riportato nella figura di seguito.
Si parte da 0 con la seconda tendina già aperta e la prima chiusa.
Si apre la prima tendina (1-3).
Si chiude la seconda tendina (4-6).
Successivamente si chiude anche la prima.
Geniale, vero? Ma non finisce qua!
Questa sequenza funziona da tempi lunghi fino a un determinato tempo di esposizione, intorno a 1/250 di secondo. Per tempi più rapidi non va più bene per via della limitata velocità delle tendine.
E allora? Allora bisogna essere ancora più geniali: la seconda tendina inizia a chiudersi mentre la prima si sta ancora aprendo, così come nella figura sotto.
La fessura che espone il sensore alla scena è tanto più piccola quanto più rapido è il tempo di esposizione.
Il tempo di otturazione oltre il quale la seconda tendina inizia a chiudersi quando la prima si sta ancora aprendo è detto “tempo di sincro flash”. Quando applichiamo un flash alla nostra fotocamera, lavorando in manuale o a priorità di tempi non ci è concesso usare tempi più rapidi, ma questo argomento lo vedremo prossimamente.
