Oggi, 8 giugno, si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani: un invito a riflettere sull’importanza dei nostri mari e oceani, troppo spesso dati per scontati con i loro apporti essenziali alla nostra vita.
Per ricordare il loro ruolo fondamentale per il clima, si è scelto l’anniversario della Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro, il celebre Summit della Terra del 1992, in cui per la prima volta fu proposto un “World Ocean Day”.
Perché è così importante il mare per la nostra vita?
Come ricorda l’oceanografo Sandro Carniel, autore del bel libro Il mare che sale: «Viviamo su un pianeta meraviglioso, la Terra, ricoperto per almeno il 70% da acqua; acqua salata, che occupa un unico, grande, interconnesso oceano – alle cui parti per comodità l’uomo attribuisce poi diversi nomi, Pacifico, Indiano, Atlantico, Artico, Meridionale – e bacini etichettati come se fossero altro ancora: mar Mediterraneo, mar Nero, mar dei Sargassi e tanti altri. In realtà, basta pensarci un attimo, tutte queste acque prima o poi si mescolano, si toccano e scambiano le loro proprietà. Quello che accade a una di esse, accade anche alle altre. Quello che si fa a una di esse, è come se fosse fatto a tutte».
I problemi dei nostri oceani, quindi, dall’inquinamento all’innalzamento del livello dei mari e alle altre conseguenze del cambiamento climatico, sono globali, coinvolgono tutti e richiedono sempre più la nostra cura e attenzione.
Il mare che sale
«Stessa spiaggia, stesso mare», cantava Mina. Oggi è evidente che non è più vero, le spiagge e i mari di anno in anno non sono più gli stessi. Per rendersene conto, non serve viaggiare in Paesi lontani o pensare agli stupendi atolli le cui popolazioni emigrano per sfuggire alle onde che invadono case e terreni, stravolgendo vite e tradizioni. Basta guardare i quadri di Canaletto, che dipingono una Venezia con livelli del mare nettamente distanti da quelli odierni. Come spiega Carniel: «Oggi, sugli stessi palazzi all’ingresso del Canal Grande immortalati da Canaletto, il segno delle alghe (quindi del livello del mare) compare circa 70 centimetri più in alto di dove lo aveva dipinto il geniale pittore veneziano».
I dati scientifici dell’IPCC non lasciano dubbi: il livello dei mari sta salendo, e dovremo confrontarci con un suo aumento di parecchie decine di centimetri entro il 2050 e almeno dell’ordine del metro nel 2100. Inoltre, il fenomeno sta procedendo a velocità crescenti, ossia sta accelerando.
Cosa possiamo fare?
Anche se esistono incertezze associate alle stime dei valori futuri, esse non mettono in dubbio la tipologia di conclusioni che possiamo trarre. Dobbiamo prepararci, adattarci e soprattutto intraprendere azioni decise e immediate per salvaguardare il nostro clima.
Carniel lo ribadisce in modo chiaro: «La ricostruzione paleoclimatica dice che ai livelli attuali di CO2 e con una temperatura di qualche grado più alta corrispondeva un livello del mare di circa 25 metri superiore. Sarà questo il nostro “stato stazionario” se lasciamo che il sistema si adatti alla concentrazione attuale di CO2 in atmosfera. Si può discutere del “quando” accadrà, ma non del “se” accadrà… Aspettare sapendo che prima o poi il problema ci investirà non è una strategia vincente».