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06 Feb 2025

Cobalto, petrolio, amnesie

Nicola Armaroli

Nicola Armaroli
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L’auto elettrica ha fatto aumentare la sensibilità dell’opinione pubblica sulle estrazioni minerarie. La cosa è lodevole, ma anche paradossale, visto che l’estrazione mineraria dominante è quella dei combustibili fossili: per muovere il trasporto su strada, ad esempio, estraiamo ogni anno 2,5 miliardi di tonnellate di petrolio. È una quantità oltre quattromila volte superiore alla somma delle estrazioni annuali dei tre principali metalli da impiegare in nuove batterie per auto. E sottolineo “nuove”: una flotta di auto elettriche utilizza le stesse batterie per almeno dieci anni ma, nello stesso periodo di tempo, un’equivalente flotta di auto endotermiche ci obbliga a estrarre dieci volte il petrolio necessario per muoverle. E lo dissipano per sempre, al contrario delle batterie, che si riciclano.

Questo “confronto estrattivo” non tiene conto del fatto che l’elettricità può essere prodotta bruciando combustibili fossili. Anche qui però il paragone è impietoso: da un lato l’auto elettrica consuma quattro volte meno energia per fare la stessa strada di una a benzina; dall’altro, quasi metà dell’elettricità italiana ed europea (oltre il 30% di quella mondiale) è già oggi ottenuta da rinnovabili, in continua crescita.

La nostra indulgente amnesia sulle attività estrattive e trasformative del petrolio è degna di nota: gli impianti petroliferi e le raffinerie non sono paradisi naturali, mentre i peggiori disastri ambientali di sempre sono legati allo sversamento di enormi quantità di petrolio. Per non parlare dell’inquinamento atmosferico da traffico stradale. Il vantaggio d’immagine di cui godono i prodotti petroliferi è dovuto al fatto che, bruciando, si trasformano in CO2, completamente invisibile e inodore: un rifiuto subdolo e discreto che sconvolge il clima, mettendo a rischio la civiltà umana. Poiché però è impercettibile ai sensi, è come se non esistesse.

 

L’estrazione del cobalto

Ma torniamo ai metalli. Il principale imputato è il cobalto, estratto per il 75% nella Repubblica Democratica del Congo in miniere di… rame. Le miniere di cobalto, infatti, non esistono: è quasi sempre estratto da miniere di rame e nichel, dove si trova come una sorta di intruso. Circa l’80% del cobalto congolese proviene da pratiche industriali su larga scala, ove l’estrazione è affidata in gran parte alle macchine. Il restante 20% viene invece estratto in miniere “artigianali” dove lo sfruttamento dei minori è molto diffuso. Quella quota minoritaria impiega però oltre l’80% di tutti i lavoratori del settore, una tragedia legata alle devastanti condizioni socioeconomiche di quel martoriato Paese.

Oggi il 40% del cobalto è impiegato nelle batterie per auto, dove però viene progressivamente sostituito o addirittura eliminato grazie ai progressi della chimica. Il 30% finisce in tutte le piccole batterie (smartphone, PC portatili, elettrodomestici senza fili…), dove al momento risulta invece insostituibile, per ragioni tecniche. Il restante 30% ha una varietà di applicazioni: metallurgia, medicina, igiene… Nessuno però si è mai preoccupato del cobalto congolese prima dell’auto elettrica. D’altronde, le condizioni dei lavoratori africani che operano nell’estrazione di pietre preziose, petrolio, oro e decine di altri metalli – spesso analoghe a quelle dei congolesi – non destano particolari preoccupazioni. Da qualche tempo l’attenzione dei censori minerari si è indirizzata verso il nichel, ma l’85% di questo metallo è da sempre utilizzato in metallurgia, senza apprensioni etiche o ambientali.

Un po’ meno di ipocrisia e un po’ più di memoria, sobrietà e responsabilità aiuterebbero. Ricordiamocelo alla prossima offerta stracciata per cambiare smartphone o PC portatile, grazie anche a una batteria piena di cobalto africano con origine non tracciata.

 

Tanti auguri Sapere!

A proposito di memoria, quella di Sapere è lunghissima. Quest’anno celebriamo il nostro 90° compleanno, ma il regalo ve lo facciamo noi. Vi proporremo una selezione di articoli dal nostro immenso archivio, cominciando, nel numero di febbraio, da Guglielmo Marconi, anno 1935.

Nel 2025 faremo un bel viaggio insieme, ancora più istruttivo ed emozionante.

Nicola Armaroli
Nicola Armaroli
Nicola Armaroli, direttore di Sapere dal 2014, è dirigente di ricerca del CNR e membro della Accademia Nazionale delle Scienze (detta dei 40). Lavora nel campo della conversione dell’energia solare e dei materiali luminescenti e studia i sistemi energetici nello loro complessità. Ha pubblicato oltre 250 lavori scientifici, 11 libri e decine di contributi su libri e riviste. Ha tenuto conferenze in università, centri di ricerca e congressi in tutto il mondo ed è consulente di varie agenzie e società internazionali, pubbliche e private, nel campo dell’energia e delle risorse. Ha ottenuto vari riconoscimenti tra cui la Medaglia d’Oro Enzo Tiezzi della Società Chimica Italiana e il Premio per la Chimica Ravani-Pellati della Accademia delle Scienze di Torino. È un protagonista del dibattito scientifico sulla transizione energetica su tutti i mezzi di comunicazione (v. qui).
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