Se uno mi chiede quale sia stato il tormentone tecnico-scientifico del 2024, non ho dubbi: l’esplosione dei consumi elettrici dovuta all’intelligenza artificiale, la IA. È un’esagerazione infondata, ma è andata alla grande.
Il consumo di dati
Cominciamo con un passo indietro. Vent’anni fa, agli albori del cloud, si avanzavano analoghi timori, ma il patatrac non c’è stato e la frazione di consumo dei data center è stabile da anni: l’enorme aumento dell’efficienza energetica nei centri di calcolo ha compensato efficacemente l’aumento del traffico dati. Oggi una ricerca standard su Google assorbe mediamente 0,3 Wh di elettricità, mentre una su ChatGPT ne consuma 3. Forse tanto è bastato a qualcuno per immaginare che a breve tutta la nostra vita in Rete consumerà dieci volte di più. È una conclusione infondata, per diverse ragioni. Ma c’è di più.
Come in tutti i processi di crescita, emergeranno vincoli che tenderanno a contenerlo. Nel caso della IA ne possiamo individuare almeno due. Il primo è la capacità industriale di produrre processori avanzati (concentrata a Taiwan, snodo geopolitico caldo…), che per diversi anni non potrà crescere in modo sostanziale. Il secondo è la velocità di obsolescenza delle macchine – caratteristica del settore informatico – che richiede grandi e costanti investimenti che possono erodere i margini di guadagno nell’uso dei servizi di IA, raffreddando il mercato.
L’intelligenza artificiale in vari settori
Oggi il prezzo basso dell’elettricità è il fattore dominante nella localizzazione dei centri di calcolo e, in distretti di questo tipo, possono in effetti sorgere rischi di elevata domanda. Calma: non è un problema che oggi possa correre l’Italia, con il costo dell’elettricità che ci ritroviamo. Poiché però il consumo energetico dei data center è innanzitutto legato al raffreddamento delle macchine, un Paese pieno di montagne come il nostro potrebbe diventare in futuro un caveau informatico a condizionamento naturale e bassi consumi (e costi).
Negli ultimi vent’anni, soprattutto negli Stati Uniti, sono state chiuse decine di vecchie centrali elettriche di ogni tipo che oggi costituiscono un costo enorme di smantellamento per il cosiddetto “ritorno a prato verde”. Né le aziende energetiche, né i governi (statale o federale) sono entusiasti all’idea di spendere miliardi per attività di questo tipo, sostanzialmente improduttive. La (presunta) esplosione dei consumi energetici da parte della famelica IA è un’occasione formidabile per evitare il lavoro e continuare a far fruttare asset altrimenti in dismissione. Oggettivamente è un’ottima pensata, con un elevato tasso di accettabilità sociale: chi si oppone al progresso del settore ICT? Ecco pronti allora alcuni piani per far ripartire centrali dismesse, anche nucleari. Per il momento, solo annunci e limitata propensione al rischio: se i progetti salteranno, le aziende americane chiedono al governo federale di accollarsi i relativi debiti. Puntualissimo però, anche in questo caso, il diluvio mediatico.
È importante sottolineare che l’uso della IA nella gestione delle reti energetiche porterà anche sostanziali risparmi dei consumi, compensando la fame di elettricità delle macchine che fanno questo lavoro. Forse è anche per questo che, mentre scrivo, esce un rapporto molto prudente dell’Agenzia Internazionale dell’Energia sulle previsioni dei consumi indotti da IA.
Parlando recentemente con alcuni insegnanti di liceo, ho colto forte preoccupazione di fronte all’uso sempre più frequente degli strumenti di intelligenza artificiale generativa da parte degli studenti. Nel giro di un paio di anni, il concetto stesso di “compiti a casa” ha in parte perso la sua ragion d’essere. Negli stessi giorni, ho letto un articolo di un insegnante americano che annunciava la rinuncia alla cattedra, perché stanco di dover correggere testi chiaramente scritti da ChatGPT e non dagli studenti.
Ci sono moltissimi buoni motivi per riflettere seriamente sull’intelligenza artificiale. Sugli aspetti sostanziali, però, non sulle mode del momento. E, a proposito di sostanza, grazie alle colleghe e ai colleghi che in questo numero speciale ci fanno riflettere a tutto tondo sul cibo. Che è quella cosa che ci ripara dallo spettro della fame. Quella vera.
