Gli spostamenti che compiamo nella nostra vita quotidiana sono solitamente motivati da necessità (ad esempio, comprare il pane) ed esigenze (qualità e costo dell’acquisto, e tempo necessario per svolgere l’attività) che ci portano a compiere scelte che in gran parte possono essere considerate ragionevoli.
Perché andiamo vicino casa a fare la spesa e lontano per comprare un’auto?
Ad esempio, per acquistare il pane – un’attività che compiamo più volte alla settimana – solitamente si sceglie un negozio vicino a casa, e non ci sembra giustificato (per ragioni di costo e tempo) compiere uno spostamento più lungo solo per comprare un filoncino di pane. Viceversa, se dobbiamo acquistare una nuova autovettura – un’attività che solitamente viene svolta ogni qualche anno – possiamo ritenere ragionevole compiere anche un viaggio di decine di chilometri per individuare l’offerta migliore. Intuitivamente, possiamo dire dunque che esiste una legge che mette in relazione la distanza d e la frequenza f degli spostamenti: maggiore è la frequenza f, minore è tipicamente la distanza d degli spostamenti. Frequenza e distanza sono dunque in relazione tra di loro secondo una legge matematica di tipo inverso (al crescere di f, corrisponde una diminuzione di d, e viceversa), quella che nel nostro studio abbiamo chiamato la legge inversa degli spostamenti urbani.
Quando la matematica spiega la dinamica delle città
La legge inversa appena descritta è stata formulata da geografi e pianificatori urbani fin dal secolo scorso. Uno degli esempi più influenti a riguardo è la legge dei luoghi centrali (Central Place Theory), formulata da Christaller nel 1930. Secondo questa legge, le persone tendono a determinare i loro spostamenti in base ad attività che devono compiere, e per compiere un’attività si spostano nel luogo più vicino dove questa viene offerta. La teoria prosegue affermando che luoghi più grandi tendono a offrire un numero maggiore di attività, e dunque attraggono visitatori da luoghi più lontani. Questa e altre teorie di economia geografica, formulate fra gli altri dal premio Nobel Paul Krugman, sono state utilizzate per spiegare i meccanismi che portano alla creazione dei centri urbani e sub-urbani.
Cosa dice la legge inversa degli spostamenti urbani?
Sebbene sia stata ipotizzata e inclusa in teorie geografiche ed economiche, la legge inversa degli spostamenti urbani non era stata, fino ad adesso, validata empiricamente sulla base di dati reali di movimenti umani. Il risultato centrale del nostro studio è stato proprio quello di fornire, per la prima volta in letteratura, una solida validazione empirica dell’esistenza della legge inversa, e di una sua precisa caratterizzazione matematica.
Non solo, grazie al fatto che i dati di mobilità raccolti si riferiscono a spostamenti in aree urbane di quattro diversi continenti, abbiamo anche verificato empiricamente una proprietà di universalità della legge, che si presenta nella stessa esatta formulazione matematica in tutti contesti geografici considerati. Quest’ultimo è un risultato particolarmente sorprendente: pensate quanto siano diverse da un punto di vista culturale, socio-economico, e climatico due città come Boston e Abidjan (Costa d’Avorio). Eppure, il modo in cui i Bostoniani e gli Ivoriani effettuano i loro spostamenti è descritto dalla stessa esatta legge matematica.
Modelli matematici per la pianificazione urbana
A parte l’interesse scientifico, quali possono essere le implicazioni e le applicazioni del nostro studio? Innanzitutto, la formulazione della legge inversa può essere di enorme aiuto nel progettare infrastrutture urbane e più in generale nella pianificazione urbana. Un altro esempio è l’applicazione della legge inversa per studiare fenomeni quali la propagazione epidemica di malattie (quali, ahinoi, il Covid-19), usando modelli che considerino non solo la distanza, ma anche la frequenza degli spostamenti.
Immagine di copertina: MIT Senseable City Lab, https://senseable.mit.edu/wanderlust/